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  • Immagine del redattoreCasa delle Agriculture Tullia e Gino

Dalla parte giusta: il discorso di Casa delle Agriculture Giovani

E venne da noi un adolescente

dagli occhi trasparenti

e dalle labbra carnose.

Alla nostra giovinezza

consunta nel paese e nei bordelli

non disse una sola parola

né fece gesto alcuno: Questo suo silenzio

e questa sua immobilità

hanno aperto una ferita mortale

nella nostra consunta giovinezza.

Nessuno ci vendicherà:

la nostra pena non ha testimoni.



Buon giorno a tutte e tutti, siamo il gruppo di Casa delle Agriculture giovani, e siamo qui oggi per il 43esimo anniversario dalla morte di Peppino Impastato, per ricordare un uomo e la sua lotta contro la mafia. Un argomento di cui tutti almeno una volta abbiamo sentito parlare, o che abbiamo studiato a scuola. Un argomento quasi scontato, ma che in realtà non dovrebbe mai esserlo. Subdola, si insinua anche nei nostri paesi, e spesso alcuni di questi atteggiamenti che vediamo sotto i nostri occhi, a due passi da noi, sono invisibili o spesso sottovalutati.

Molte persone, le migliori, hanno lottato con coraggio, perdendone la vita. Peppino Impastato, tra queste, ebbe la forza di combattere la mafia dentro la sua stessa casa, senza avere paura, anzi lottando con l’arma delle parole, dell’informazione, della risata. Di quei cento passi, che dividevano la sua casa da quella del Boss Badalamenti ne abbiamo spesso sentito parlare. Tanto è stato scritto, e sicuramente molto meglio di quello che potremmo fare noi. Perciò non vogliamo limitarci a questo.

Di Peppino, tra tante cose, ammiriamo la sua resistenza. La resistenza di chi, poteva scegliere di andarsene e partire come tanti altri, come avviene sempre, soprattutto qui, al sud. Ma in realtà, Peppino decise di restare, di mettersi ai microfoni di Radio Aut, di fare una cosa molto semplice: essere una sentinella, anche se dinanzi a persone più grosse e più forti di lui. Pensava che avrebbe potuto sconfiggerlo quel mostro. Purtroppo, le cose non andarono così e la notte del 9 maggio 1978, venne ammazzato.

A 43 anni dalla sua morte ci siamo chiesti cosa avremmo potuto fare noi, così giovani, da un paese così piccolo come Castiglione per ricordarlo, ma soprattutto cosa avremmo potuto fare per coltivare la sua memoria.

Per noi Peppino Impastato non è mai morto, non è morto per la storia di coraggio che ci tramanda. Per la voglia di metterci a disposizione del nostro paese, provando a prenderci cura della bellezza dei luoghi che frequentiamo ogni giorno. Proviamo a farlo, ad esempio, pulendo le nostre campagne dai rifiuti che la inquinano. È un monito per poter fare meglio, sempre.

Per questo e per tanto altro ancora, crediamo che dedicare le aule sociali a Peppino Impastato, luogo che si trova a pochi passi da dove ci troviamo, e all’interno del Parco Renata Fonte, prima donna vittima di mafia, potrebbe essere motivo di riscatto. Questo lo crediamo fortemente.

Vogliamo che possa essere di esempio, per riuscire a costruire, insieme, una comunità che lotti per la bellezza e non si nasconda dietro il silenzio e l’omertà. Dalla parte giusta, dalla parte di Peppino Impastato.


Se si insegnasse la bellezza alla gente, la si fornirebbe di un’arma contro la rassegnazione, la paura e l’omertà. All’esistenza di orrendi palazzi sorti all’improvviso, con tutto il loro squallore, da operazioni speculative, ci si abitua con pronta facilità, si mettono le tendine alle finestre, le piante sul davanzale, e presto ci si dimentica di come erano quei luoghi prima, ed ogni cosa, per il solo fatto che è così, pare dover essere così da sempre e per sempre. È per questo che bisognerebbe educare la gente alla bellezza: perché in uomini e donne non si insinui più l’abitudine e la rassegnazione ma rimangano sempre vivi la curiosità e lo stupore».

La storia di Peppino è una storia di giovani, di coraggio, di ribellione e anche di violenza. La storia di Peppino non è soltanto la sua: è la storia dei suoi compagni, la nostra storia, piena di fatti e di gioie, ma anche irta di spine. In pratica la storia atavica di chi non si rassegna ad essere un semplice strumento, ma pretende di lasciare una traccia visibile del suo passaggio. -Giovanni Impastato

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