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Immagine del redattoreGiovanna Nuzzo

Buon compleanno, Mulino di Comunità

Il cielo sgombro di nuvole, lo sfiorire della primavera. La banda, gli occhi emozionati degli anziani che hanno guidato un cammino. Così lo ricordano tutti quel 31 marzo 2019, quando si sono aperte per la prima volta le porte del Mulino di Comunità sulle note di “Bella Ciao” e un futuro in piena ha attraversato e restituito gli sforzi e le fatiche delle attiviste e degli attivisti di “Casa delle Agriculture Tullia e Gino” e della sua comunità allargata.

Sono trascorsi cinque anni di ostinazioni, lotte, visioni, ma anche di studio, ricerca sul campo, nei campi, tra le persone. Con lo sforzo di non essere mai banali, si è cercato di fornire risposte nuove ad un territorio dei margini, risollevando – dal basso e collettivamente – le sorti di intere aree completamente abbandonate, campagne considerate da sempre un fardello.

Su quei campi e intorno al Mulino di Comunità è nata per gemmazione la cooperativa agricola Casa delle Agriculture, sorella dell’omonima associazione, che ad oggi dà lavoro a cinque persone, donne e uomini che hanno scelto di restare consapevolmente in questo territorio. Quel processo di restanza ha animato un percorso di sacrifici - è bene dirlo – oltre che di approfondimenti costanti da parte di chi anima il collettivo “Casa delle Agriculture”. Un percorso fatto anche di interrogativi, analisi e soluzioni innovative. Sono stati sottratti all’abbandono più di venti ettari, per lo più concessi in comodato d’uso gratuito, intorno a Castiglione, Andrano, Depressa, Marittima, Diso, Tricase e Spongano e coltivati, senza utilizzo di chimica e veleni, a cereali e ortaggi, recuperando varietà perdute. Non solo, grazie ad esperti agronomi, studiosi e ricercatori passati da Castiglione si è avviata la sperimentazione delle popolazioni evolutive di grani duri e teneri.

Tutto ciò per provare ad uscire fuori dalle logiche di standardizzazione dei semi e di un mercato piegato a leggi capitalistiche di poche imprese sementiere che detengono un monopolio de facto sulle certificazioni delle varietà dei grani. Non si sarebbe potuti arrivare a questo processo se non grazie a menti illuminate che nel tempo hanno conosciuto e supportato Casa delle Agriculture e che hanno portato in questo piccolo paese anni di studi effettuati in tutto il mondo. Si pensi, ad esempio, ai genetisti Salvatore Ceccarelli e Stefania Grando, oggi soci onorari dell’associazione. Il Mulino ha aiutato la creazione di una rete, di una comunità di piccoli contadini, associazioni, organizzazioni che gravitano intorno a Casa delle Agriculture, che condividono la stessa idea di agricoltura e che possono usufruire dei servizi di molitura, pulitura, decorticazione dei farri, confezionamento e packaging a costi equi. “Associazione Marina Serra”, “Ombre Rosse”, “Olio Merico”, “FataFarina”, solo per citarne alcuni esempi, ma l’elenco è lungo e sarà nostro prossimo impegno quello di dare loro la giusta luce.

“Il Mulino è diventato una piazza, un porto, un luogo che ha un’anima piena di contenuti. Non è il tratto breve di un’agricoltura industriale, ma il passo lungo, stanco a volte, ma indispensabile di una casa che cerca di fare agricUltura”. Sintetizza così gli anni e soprattutto il capitale sociale del Mulino di Comunità il presidente della cooperativa, Donato Nuzzo. Intorno a Casa delle Agriculture è nata, infatti, una consapevolezza, via via sempre più matura, della necessità di ritornare a coltivare i propri campi, senza utilizzo di pesticidi, ma è cresciuta anche una comunità di cittadini che ha cambiato radicalmente il modo di acquistare cibo. Si è scoperta così, con qualche ritrosia all’inizio, l’importanza di farine e semole integrali, ricche di fibre, proteine, olii ed enzimi che solo il metodo di macinatura a pietra garantisce. “Quando sento chiamare le cose con il loro nome e non nelle forme generiche di questo tempo, sorrido e credo che qualcosa si è fatto, si sta facendo. Se non altro si sta facendo formazione”, aggiunge Donato. “Cinque anni non sono stati, però, abbastanza per far comprendere anche ai più vicini che non ci si può chiudere nel recinto del proprio muretto a secco ben ristrutturato e dire che tutto va bene”. La Cooperativa, per tale ragione, nella convinzione che il cambiamento non si potrà mai raggiungere da soli, ha stilato a pochi mesi dalla sua nascita i patti di filiera “Alexander Langer”, con altre aziende e cooperative agricole, coltivatori diretti, piccoli contadini e con il Parco regionale Otranto-S.M.di Leuca. Il patto di filiera di filiera ha come obiettivo quello di ottenere la migliore valorizzazione delle produzioni provenienti dai soggetti aderenti e serve a stabilire il prezzo di acquisto del grano, ma soprattutto a regolamentare la coltivazione. Niente improvvisazione nemmeno in questo caso: occorre rispettare una serie di regole, tra cui la rotazione delle colture nei campi, la lavorazione del suolo e il suo riconoscimento come elemento primario, al pari di acqua e aria. Nella stessa ottica, ogni sabato il Mulino si trasforma in un piccolo mercato contadino e popolare, ospitando produttori di olio, vino, marmellate, caseifici, contadini, fornendo prodotti stagionali, ma soprattutto lasciando che quel luogo indichi la strada possibile, perché toccata con mano, di un’altra idea di cibo. Democratico, etico, che rispetta la dignità delle lavoratrici e dei lavoratori, insieme a quella della terra. Casa delle Agriculture, inoltre, ha ospitato e continua ad ospitare centinaia di studentesse e studenti provenienti da tutta Italia e da tutto il mondo. Solo facendo riferimento a questo ultimo anno, hanno visitato “l’ecosistema Casa delle Agriculture”, di cui il Mulino di Comunità è una delle spighe più rigogliose, scolaresche provenienti da Francia, Svezia, Spagna e poi da tutta Italia e da tutto il Salento.

Tutto ciò, però, non sarebbe stato neppure immaginabile se non dopo più di dieci anni con i piedi nella terra, ad allenare lo sguardo al possibile, ad ascoltare, ad osare, a creare mescolanza tra il qui e l’altrove, ma anche a sentirsi costantemente nel greto del torrente, quotidianamente esposti, non sempre corrisposti. Il Mulino di Comunità è solo il frutto di un percorso che non sarebbe neppure germogliato se non fosse stato messo a dimora in un terreno fatto di tutte queste componenti. E non sarebbe quello che è oggi, al suo quinto compleanno, se non con le persone, donne e uomini, che lo hanno accompagnato e sorretto.

“Il Mulino di Comunità non è qualcosa di già dato e che trova le sue fondamenta in ciò che è stato fatto per farlo nascere e camminare in questi primi cinque anni - spiega Tiziana Colluto, presidente dell’associazione -. Le sue ragioni, piuttosto, sono da rintracciare in quelle visioni che è stato capace di nutrire e sono ancora da realizzare, nelle campagne ancora da sottrarre all’abbandono, nelle farine ancora da produrre, nelle persone ancora da raggiungere con il nostro cibo sano, nelle lavoratrici e nei lavoratori ancora da assumere per realizzare restanza. È un percorso lungo e in salita, ma indietro non si può più tornare: significherebbe abdicare agli ideali che ci tengono uniti e ci tengono in piedi. È per questo che proseguiamo in ciò che ci sembra giusto, con coerenza, anche quando tutto suggerirebbe il contrario”.

La targa affissa all’ingresso, svelata quel 31 marzo di cinque anni fa, recita non a caso: “Non con la speranza del guadagno, ma della libertà”. Buon compleanno, allora, Mulino di Comunità! Oggi brindiamo alla strada ancora da percorrere, alle rivoluzioni ancora da far sfiorire, all’ostinazione della visione che ti ha generato e a tutte quelle ancora inesplorate. Alla Terra che ci ospita.

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